Brioschi. 2


http://pergiacomoleopardi.myblog.it/media/02/02/529ea7d4c03eb6edb2a9c1209e79eec8.mp3
Ma soprattutto anche gli autori stessi producono testi teorici. Quelli che noi chiamiamo “le poetiche
degli scrittori” (la poetica di Leopardi, la poetica di Manzoni ecc.), sono vere e proprie teorie della letteratura. Per esempio Leopardi, che è forse il maggior teorico della letteratura dell’Ottocento almeno in Italia, elabora un complesso concettualmente articolato di riflessioni, non sistematiche, ma di straordinario rilievo, non solo storico. La letteratura moderna deve definirsi, deve trovare la propria identità riflettendo su sé stessa. Questo momento autoriflessivo è tipico della letteratura moderna, e si traduce appunto in una espansione visibile e per certi aspetti elefantiaca (può essere impressionante appunto vedere come aumenti la produzione di questi testi -diciamo- autoriflessivi). Alcuni dei maggiori critici dell’Ottocento e del Novecento sono degli scrittori, per esempio i romantici tedeschi; tutti quanti affidano il loro messaggio non solo alle opere, ma anche a scritti teorici. Un testo come il saggio Sulla poesia ingenua e sentimentale di Schiller è un saggio capitale per capire che cosa sta succedendo nella letteratura europea di quegli anni. Coleridge scrive una “Ode to the dejection Ode alla malinconia” sostenendo che l’esercizio della riflessione ha inaridito la sua vena poetica. In effetti Coleridge è autore di alcuni studi importanti, la sua biografia letteraria è uno dei testi capitali della critica e della teoria letteraria dell’Ottocento. In pieno Novecento tutta una corrente critica importante della cultura anglosassone, il cosiddetto “new criticism” assume Coleridge come uno dei grandi teorici della critica e non soltanto come un grande poeta. Baudelaire scrive saggi fondamentali sulla critica letteraria e sulla teoria della letteratura; non solo, si occupa anche di pittura e quindi è un vero e proprio “estetologo”, per così dire. Ho detto di Leopardi. Manzoni è un altro che affianca alla sua attività creativa una sequenza di testi, di manifesti, che avvalorano e spiegano il suo lavoro. Le “avanguardie”: come è noto, buona parte dei meriti del Futurismo italiano stanno nei manifesti, più che nei testi prodotti. Alcuni grandi critici del Novecento sono stati dei poeti: Thomas Eliot, anche lui ha esercitato un’influenza straordinaria sulla critica anglo-americana, appunto, sul “new criticism”. Gottfried Benn, autore di un saggio fondamentale, dal titolo Problemi della lirica, uno dei testi capitali della riflessione sulla poesia del Novecento. Montale è autore di saggi importanti. Calvino: i saggi di Calvino sono una tra le cose più belle che si leggono nella saggistica del Novecento, del secolo appena trascorso. Direi che la critica è il doppio della letteratura, esercitata sia dai poeti, sia da questi strani personaggi un po’ umbratili, un po’ larvali, che sono i critici stessi, che vivono all’ombra degli scrittori e se non ci fossero gli scrittori non ci sarebbero i critici. Però quello che vorrei sottolineare, per terminare un po’ questo profilo rapidissimo sulla permanenza dell’attività critica della riflessione sulla letteratura nel corso del tempo, è il momento della svolta. 4 Un momento di svolta che potrebbe essere simbolizzato da due nomi. Uno è quello di Montaigne e l’altro è quello di Giambattista Vico. Sono due. Li uso più come simboli che per il contenuto vero e proprio della loro opera, perché con la nascita della età moderna, la critica muta un aspetto importante della sua tradizione. La tradizione critica antica fino al Cinquecento-Seicento è caratterizzata da un apparato concettuale che può essere identificato nella retorica: è la retorica il luogo dov’è la disciplina che regola sia la scrittura, sia il giudizio sull’opera. L’autore utilizza la retorica per l’inventio, la dispositio, la elocutio che caratterizzeranno il suo testo, e il critico, il lettore, si affiderà ai principi della retorica per giudicare l’opera stessa: la retorica ha un carattere tipico, determinante. Le sue categorie sono categorie universali, cioè i concetti della retorica sono validi erga omnes, sono universali, valgono sempre e dovunque. Il principio, supponiamo, della perspicuitas (essere chiaro), il principio della puritas (usare una lingua pura), le figure retoriche che caratterizzano l’ornatus sono definizioni universali, valgono sempre e universalmente: questa forma espressiva sarà una metafora, definita una volta per tutte; questa figura retorica sarà una metonimia, definita una volta per tutte; e così via.

Brioschi. 2ultima modifica: 2007-06-25T08:35:00+02:00da giuseppepi2
Reposta per primo quest’articolo